Opera in tela, imbottita con juta e cucita con cordami.
Testa in terra cotta.
Sfera in plastica con insetti.
Base in ferro
“…un acuto dolore colse nell’animo: le bende, che le chiome
immortali cingevano, lacerava con le sue mani,
si gettava sulle spalle un cupo velo,
e si slanciò sopra la terra e il mare, come un uccello,
alla ricerca.
Ma nessuno degli dei e degli uomini mortali
voleva dirle la verità…”
Inno a Demetra, Omero
La Dea Demetra eredita per via diretta gli attributi della Grande Madre primigenia: si tratta della Madre del Raccolto, la Signora delle Messi, colei che patrocina le stagioni, i raccolti abbondanti, la fecondità del terreno. Demetra rappresenta l’archetipo che racchiude l’essenza stessa della procreazione e della germinazione, l’istinto della maternità, la forza misteriosa e unica dell’utero femminile di generare vita, di accudire, di fornire nutrimento.
In Demetra I gli elementi femminili e maschili confliggono e contemporaneamente si rinforzano a vicenda; in lei l’artista cerca una compresenza feconda degli opposti.
In tutte e due le opere la circolarità della forma, oltre a ricordare quella di un antico pane, suggerisce il movimento e l’avanzare della scultura nello spazio e nel tempo.
Le texture create dai cordami e dagli strappi lasciano apparire la sua anima vegetale, il forte richiamo ai vecchi sacchi agricoli enfatizza il suo essere Signora delle Messi e dell’Agricoltura. Il suo essere Patrona delle Stagioni è evidenziato in Demetra II da una sfera trasparente ripiena di esoscheletri di cicale posta al centro della scultura; è l’estate che è passata; segna una fine e l’avvicendarsi di un altro tempo nel continuo ciclo della Natura.
Demetra I e Demetra II sono rappresentate nella loro furia: la dea è stata tradita e ingannata.
La disperazione che segue al rapimento di Persefone la porta a una depressione tale che l’intero mondo inaridisce. Così come genera la vita della natura, Demetra ne determina la sua morte.
Opere in tela